Presentato l’ultimo rapporto Il clima è già cambiato di Legambiente. Il vicepresidente Edoardo Zanchini: “Manca una strategia di prevenzione ma il Recovery plan è fondamentale“.
Cosa è successo nelle varie zone del Paese, in questi ultimi anni, in seguito all’aumento di fenomeni meteorologici estremi? Lo spiega il rapporto Il clima è già cambiato curato e presentato da Legambiente.
Il cambiamento climatico e il dissesto idrogeologico sono due facce della stessa medaglia. Tra le regioni che hanno visto il maggior numero di interventi c’è la Toscana, con 637 sui 6.303 a livello nazionale, che è anche tra le Regioni che hanno ricevuto i maggiori finanziamenti: 602 milioni di euro.
“L’Italia è oggi l’unico grande Paese europeo senza un piano di adattamento al clima, per cui continuiamo a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione – ha detto Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente -. Il Recovery plan deve contenere la risposta a queste sfide, con risorse per l’adattamento e un cambio della governance che oggi non funziona. Del resto, oggi sappiamo che cosa dobbiamo fare, come raccontiamo con decine di buone pratiche nel rapporto, e abbiamo tutte le informazioni e gli strumenti per analizzare le aree coinvolte dai fenomeni, per comprenderne le possibili cause antropiche, le scelte insediative, i fenomeni di abusivismo edilizio che ne aggravano gli impatti e individuare efficaci strategie di contrasto e adattamento”.
La Toscana è stata particolarmente colpita negli ultimi anni soprattutto da alluvioni nelle province di Lucca, Pistoia, Grosseto e Massa Carrara. Proprio in quest’ultimo centro si è registrato uno dei più violenti episodi il 5 novembre 2014. Due fiumi, il Carrione e il Parmignola, sono esondati e l’acqua limacciosa ha invaso strade, piazze e abitazioni con due vittime ed evacuazioni forzate per molte famiglie. Anche in Maremma una delle più gravi alluvioni di sempre si è verificata il 15 ottobre 2014 con conseguenze devastanti.
Tra i danni e gli stop non va dimenticata la chiusura forzata della linea ferroviaria Grosseto-Siena dal 21 ottobre 2013 al 18 ottobre 2014 causata dall’alluvione che ha colpito le due province.Tra gli episodi più gravi del 2017 si ricorda l’alluvione di Livorno del 9 settembre quando un forte nubifragio provocò l’esondazione dei fiumi e travolse la città.
Sono numerose le aree urbane che hanno subito eventi estremi temporaleschi, alluvioni e trombe d’aria, come confermato dai 4 eventi del 2020. Il 23 ottobre scorso, a Certaldo (Firenze), a causa delle intense piogge due automobili sono rimaste intrappolate nella morsa di acqua che ha totalmente riempito il sottopasso di via Caduti sul Lavoro. Danni causati da una tromba d’aria a Borgo a Mozzano (Lucca), il 3 ottobre, con rami pericolanti e strade interrotte dalla vegetazione. A Rosignano Marittimo (Livorno), il 25 settembre, il vento e la pioggia, in particolare sul litorale, hanno provocato danni, con vetri delle auto in frantumi e tetti delle case scoperchiati. Infine a Carrara, il 3 marzo, sono caduti 135 milllimetri di pioggia in poche ore e il vento, in alcune zone, ha superato i 110 chilometri orari. Sulla costa, la spiaggia è stata devastata dalla forza del mare e del vento.
Lo scorso anno, il 6 settembre, si sono verificati forti temporali costieri, che, nella zona di Massa hanno portato a strade allagate e disagi. Il maltempo ha colpito Firenze, il 30 agosto 2019, con un forte temporale che si è scatenato sulla città; i danni maggiori nella zona fra Gavinana e Bellariva. In precedenza, il 27 luglio, una bomba d’acqua ad Arezzo aveva provocato la morte di un anziano.
Il 28 novembre 2012 allagamenti da piogge intense hanno causato la chiusura della Statale Aurelia tra Massa e Sarzana. Ma è del 25 ottobre 2011 l’evento più grave che ha devastato l’intero territorio della Lunigiana a causa dell’esondazione del fiume Magra con l’allagamento di buona parte di Aulla. Infine Grosseto, e in generale il territorio maremmano, dove si ricorda la piena dell’Ombrone del 28 agosto 2015. Eventi simili si sono susseguiti negli anni precedenti: il 14 ottobre 2014 esonda il torrente Elsa, affluente dell’Albegna. Il 5 ottobre 2013 una serie di allagamenti dovute a forti precipitazioni provocano la chiusura di numerose strade, come la linea ferroviaria Grosseto-Siena. Il 10 novembre 2012 un forte nubifragio investe la città di Grosseto e i territori meridionali della Maremma.
Il caso di Pisa è tra gli esempi più evidenti e recenti di come invece, con i dovuti interventi, si possano evitare impatti estremi per i territori e le città. Lo scolmatore di Pontedera ed il bacino di Roffia a San Miniato hanno permesso, infatti, di evitare una devastante alluvione nel novembre 2019, quando la piena dell’Arno ha minacciato la città toscana. Tra le buone pratiche anche l’installazione di semafori anti-allagamento a Pontedera, vicino a tutti i sottopassaggi, in modo da segnalarne l’inagibilità in caso di allagamento.
Non meno frequenti sono i danni ai beni archeologici e al patrimonio storico culturale delle città. Per questi motivi si è tenuta un’esercitazione, il 5 ottobre 2019, a Firenze contro il rischio idraulico per il Museo Bardini. Le autobotti hanno simulato un’ondata di piena riversando in poco tempo 45 mila litri di acqua e testando la nuova diga mobile in pvc di 45 metri attivata dalla pressione dell’acqua che si aziona quando l’onda cresce.
La fitodepurazione inizia a essere una pratica diffusa. Tra i Comuni da portare ad esempio c’è Dicomano (Firenze) che ha nel 2003 ha realizzato un impianto nel 2003 che tratta i reflui di 3.500 abitanti. Uno degli aspetti a cui guardano oggi molti regolamenti edilizi è quello dell’origine dei materiali impiegati e il loro ciclo di vita ambientale ed energetico. Nel Comune di Campi Bisenzio (Firenze), ad esempio, viene richiesto di effettuare un inventario dei materiali e dei componenti da costruzione impiegati per la realizzazione di pareti esterne, copertura, solai finestre e strutture portanti; successivamente si calcola la percentuale dei materiali e componenti riciclabili rispetto alla totalità dei materiali impiegati nell’intervento.
Legambiente chiede al Governo “di approvare immediatamente il Piano di adattamento climatico, di rafforzare il ruolo delle Autorità di distretto e dei Comuni negli interventi, che le aree urbane diventino la priorità negli interventi di adattamento al clima, norme più efficaci per adattare i territori agli impatti climatici e mettere in sicurezza le persone. Un provvedimento di legge dovrebbe vietare qualsiasi edificazione nelle aree a rischio idrogeologico o di esondazione; salvaguardare e ripristinare la permeabilità dei suoli nelle aree urbane; vietare l’utilizzo dei piani interrati per abitazioni; mettere in sicurezza le infrastrutture urbane dai fenomeni metereologici estremi; vietare l’intubamento dei corsi d’acqua e pianificare la riapertura di quelli tombati nel passato; recuperare, riutilizzare, risparmiare l’acqua in tutti gli interventi edilizi; utilizzare materiali capaci di ridurre l’effetto isola di calore nei quartieri; creare, in tutti gli interventi che riguardano gli spazi pubblici, vasche sotterranee di recupero e trattenimento delle acque piovane; prevedere risorse statali per mettere a dimora alberi e creare boschi urbani”.
Fonte: Legambiente
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