Agricoltura Mondo Bio

Il tempo delle mele (biologiche…) arriverà entro il 2030?

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Tra 10 anni secondo la strategia europea Farm to Fork almeno il 25% della superficie coltivata dovrà essere bio. Ma gli ostacoli sono ancora molti, con due sfide in più per la Toscana.

 

di Sandro Angiolini

Si conclude oggi (11/10) a Bologna la 32esima edizione del SANA, salone internazionale del biologico e del naturale. È il più importante evento che affronta i temi della produzione e del consumo di prodotti biologici (alimentari e non) in Italia, e serve anche a fare il punto su come vanno questi settori. L’edizione di quest’anno aveva due significati aggiuntivi rispetto alle precedenti:

  • era la prima dopo lo scoppio dell’epidemia da Covid, e quindi c’era una comprensibile, leggera eccitazione in giro;
  • giungeva dopo che, per la prima volta, la Commissione Europea aveva fissato in un suo documento ufficiale (la Comunicazione del 20/5/20 denominata “From Farm to Fork”, o più brevemente F2F, su cui avremo modo di ritornare in futuri articoli) un obbiettivo preciso per il settore: arrivare al 2030 con almeno il 25% della superficie agricola coltivato secondo il metodo biologico.

Dato che attualmente in Europa siamo solo all’8%, tale target sembra assai ottimistico (nonostante il primo atto che regoli l’agricoltura Bio in UE risalga al 1991), ma in Italia andiamo meglio: siamo quasi al 16%. E in Toscana “addirittura” al 25%. Tutto bene allora? Non esattamente.
Nonostante il crescente favore da parte di consumatori, politici e (molti) rappresentanti delle associazioni agricole, gli ostacoli allo sviluppo di queste attività, dagli indubbi benefici sullo stato dell’ambiente e della nostra salute, rimangono molteplici:

  • il costo dei prodotti Bio rimane più alto di quelli convenzionali, sia perché la resa media è normalmente inferiore a quella dell’agricoltura convenzionale, sia perché vanno considerati i costi di certificazione. Su questo problema però si potrebbe intervenire con la leva fiscale, per esempio abbassando l’IVA sui prodotti Bio e/o permettendo alle imprese di detrarre dalle tasse il costo sostenuto per le certificazioni;
  • Il peso degli adempimenti burocratici sugli imprenditori è altissimo, probabilmente superiore a quello già alto che grava sugli altri produttori agricoli. Digitalizzare presto tutto l’apparato burocratico appare perciò una priorità;
  • gli investimenti nelle attività di ricerca e sperimentazione specifiche sono ancora insufficienti: mentre l’agricoltura convenzionale ha dietro secoli di prove/ricerche, quella Bio ha urgente bisogno di nuove varietà di piante in grado di resistere meglio alle avversità e agli stress generati dal cambiamento climatico;
  • e proprio quest’ultimo rappresenta uno dei principali problemi. L’aumento tendenziale delle temperature massime associato a una maggiore intensità e concentrazione delle piogge crea difficoltà sostanziali ai produttori.

In Toscana abbiamo secondo me due sfide ulteriori per il settore:

  • una buona parte degli imprenditori responsabili del decollo del Bio alla fine degli anni ’80 – inizio anni ‘90 sta andando in pensione e non trova un ricambio adeguato, per cui chiude e/o svende le proprie aziende;
  • la coltura dell’Olivo, che caratterizza la maggior parte del nostro paesaggio collinare, non è ancora riuscita a valorizzare la sua produzione e viene lentamente ma progressivamente abbandonata.

Riusciremo quindi a superare questi ostacoli e a mantenere la posizione privilegiata che occupiamo attualmente nel settore? Come diceva il Poeta, la risposta per ora soffia nel vento, ma intanto potete contribuire al dibattito sul futuro della politica agricola europea partecipando alla consultazione pubblica che la Commissione ha aperto, fino al prossimo 22 ottobre, sugli effetti della politica agricola dell’UE su habitat, paesaggi e biodiversità:
http://www.politicheeuropee.gov.it/it/attivita/consultazioni-pubbliche-europee/consultazioni-aperte/

Questo è il primo articolo di quella che diventerà a breve una rubrica settimanale denominata “Oltre la siepe”, che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possano impattare sulla scala locale e regionale toscana.

Sandro Angiolini

NOTE SULL’AUTORE

Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.

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