Sommersi e stressati da tanti rumori non siamo più abituati a decifrare i suoni della natura.
di Laura Lop
L’autunno è una stagione ideale per passeggiare all’aperto, immersi nella trasformazione dei colori spennellati a toni caldi.
Con il passare del tempo si consolida il fatto che nei miei “bagni di verde”, pratica per cui i Giapponesi hanno creato la parola Shinrin-yoku, preferisco procedere distrattamente a passo lento. Nella definizione di distrazione in quanto ‘stato del pensiero rivolto altrove’ mi piace divagare dai sentieri, scattare mille foto, fermarmi a osservare, per questo le mie passeggiate durano le ore.
Ma soprattutto l’esercizio è nell’ascolto.
“Scommetto che nessuno qui, a occhi chiusi, riesce a distinguere una quercia da un castagno ascoltando solo il suono delle foglie quando incontrano il vento”. Così conosco Andrea, guida ambientale rubata al popolo dei boschi che si presenta come un pozzo di sapienza dimenticata.
L’udito è il primo dei cinque organi di senso che sviluppiamo nella pancia della mamma intorno al sesto mese di gravidanza. È il senso legato all’ascolto, alla riconoscenza, all’attenzione verso gli altri, che ci mette in relazione con l’ambiente esterno e le nostre intuizioni.
Il mondo naturale è pieno di suoni che in parte i nostri nonni sapevano decifrare ma che oggi è snobbato e coperto da tanti rumori.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’inquinamento acustico che attanaglia in special modo i centri urbani si colloca, per gravità d’impatto sulla salute umana, al secondo posto dopo l’inquinamento atmosferico. Un problema spesso sottostimato che causa disturbi del sonno, della circolazione sanguigna, del sistema endocrino, nervoso e comportamentale. È ipotizzabile immaginare come abitare in aree rumorose si possa riflettere e collegare a difficoltà anche sociali.
Abbiamo un’ampia varietà di rumori, possono essere acuti a seguito di eventi limitati nel tempo oppure cronici, prolungati, costanti, pseudo-ludici. Ci sono i rumori del traffico, i rumori delle zone industriali, i rumori della musica sparata in aria per uno stordimento collettivo (> “un caffè macchiato a soia” <“Eh? Comeee?), i rumori dei nostri toni di voce (memorabili i viaggi sui mezzi pubblici quando il tuo casuale vicino di posto ammazza il tempo, e un po’ della tua serenità, berciando al telefono).
Dal punto di vista normativo, l’inquinamento acustico viene codificato attraverso parametri e tabelle di calcolo e viene descritto come “un rumore introdotto e tale da provocare disturbo al riposo, alle attività e che mette in pericolo la salute dell’uomo e degli ecosistemi“.
L’impatto del rumore ha grandi conseguenze anche sul regno animale, alterandone i sensi, l’orientamento, la riproduzione, fino ad arrivare in alcuni casi a provocarne la morte (ad esempio i cetacei in presenza dei sonar).
Nessun rumore della Natura rappresenta fonte di stress, anzi è il contrario, alberi e siepi sono addirittura fonoassorbenti. A questo proposito, uno studio inglese pubblicato sulla rivista Scientific Reports è riuscito a dimostrare il motivo per cui proviamo benessere.
La spiegazione scientifica non fa una piega: il sistema nervoso simpatico che attiviamo per affrontare eventi stressanti (l’atavico “combatti o scappa”) si rilassa ed entra in campo il sistema parasimpatico al motto di “riposa e digerisci”.
Alcuni volontari sottoposti a risonanza magnetica hanno mostrato la risposta del nostro cervello sottoposto a rumore: in mezzo a fragori artificiali si attivano le aree cerebrali che accentrano l’attenzione su noi stessi fino al picco del panico; immersi nei rumori naturali l’attenzione si sposta sull’ascolto all’esterno.
In un mondo che soffre di individualismo, ansia e frenetiche abitudini, una razione di “riposa, digerisci e accorgiti degli altri” dovrebbe essere prescritta giornalmente, inserita negli ambienti lavorativi e soprattutto fatta vivere ad ogni bambino, di ogni età e istituto scolastico.
Raccolta la sfida di Andrea, lontana dai rumori, ho dovuto cercare il silenzio per sentire lo svolazzio delle foglie degli alberi e in quello spazio ho trovato il repertorio di cui scriveva anche Shakespeare “la terra ha musica per coloro che ascoltano”.
Laura Lo Presti vive sulle colline del Montalbano, circondata dalla Natura e dai suoi gatti. Attivista ambientale per passione, collabora con il Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori (www.rifiutizerocapannori.it) e con Ekoe società cooperativa (www.ekoe.org) per la commercializzazione di stoviglie e imballi ecologici.
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