Le reti abbandonate dai pescherecci sono indistruttibili e diventano ‘muri della morte’ per la fauna marina. Il recupero è affidato ai nuclei subacquei della Guardia Costiera.
di Gabriella Congedo
In un anno sei tonnellate di reti abbandonate – l’equivalente di circa 200 mila bottiglie di plastica – sono state rimosse dai fondali marini e avviate a smaltimento. È il primo bilancio dell’Operazione Reti Fantasma, lanciata alla fine dell’estate 2019 dal Comando generale della Guardia Costiera su incarico del ministero dell’Ambiente. Una campagna nata per individuare e recuperare le reti da pesca disperse nei fondali marini e lungo le coste della Penisola.
Il problema delle attrezzature da pesca sommerse (in gran parte di plastica) si aggrava anno dopo anno. E le conseguenze sugli ecosistemi marini rischiano di diventare irreparabili. Da tempo veniva invocato un serio progetto di recupero, e a quanto pare finalmente ci siamo.
L’Operazione Reti Fantasma, in cui sono già impegnati i sommozzatori dei nuclei subacquei della Guardia costiera dislocati sul territorio nazionale, vedrà scendere in campo anche i volontari del WWF SUB il cui compito sarà quello di segnalare le reti fantasma alla Guardia Costiera che sta compilando la mappatura nazionale.
Cosa sono le reti fantasma
Da sempre nell’attività di pesca inconvenienti vari portano alla perdita di spezzoni o di reti intere, che diventano così parte integrante degli scogli o dei relitti in profondità. Un tempo le reti si tessevano impiegando fibre vegetali. Erano quindi biodegradabili e destinate a decomporsi nel giro di qualche anno. Oggi sono fatte con polimeri sintetici diventando praticamente indistruttibili. Ricoprono come orrendi festoni interi tratti di scogliera e si trasformano in veri e propri “muri della morte” per la fauna marina che vi rimane intrappolata, senza contare il pericolo per la sicurezza di sub e bagnanti.
Un altro effetto perverso è che, con il passare del tempo, le micro-particelle sintetiche delle quali sono composte si disperdono in mare e a quel punto recuperarle diventa quasi impossibile.
Le tappe dell’operazione
L’attività operativa, partita il 9 luglio 2019, ha avuto inizio con una fase preliminare di raccolta di informazioni che ha coinvolto tutti i Comandi territoriali della Guardia Costiera. Fondamentale la collaborazione dei lavoratori del mare e delle associazioni ambientaliste.
Si è poi incominciato a compilare una prima mappatura generale che riporta la collocazione delle reti fantasma lungo le coste. Un lavoro in continuo aggiornamento grazie alle informazioni operative raccolte sul territorio.
L’operazione, ancora in corso e che proseguirà nei prossimi mesi, si inserisce in una più ampia campagna sul tema della sensibilità ambientale condotta da ministero dell’Ambiente e Comando Generale della Guardia Costiera.
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