“Vogliamo evitare che al danno di una legge illecita si aggiunga la beffa di veder finanziato l’inquinamento delle acque potabili dalla stessa Comunità Europea”.
Alcuni giorni fa la Regione Toscana ha inoltrato alla Commissione europea un’istanza per farsi approvare alcuni cambiamenti del Piano di Sviluppo Rurale. Tra i requisiti richiesti agli agricoltori per accedere ai finanziamenti si chiede che vengano inserite le disposizioni contenute nel cosiddetto PUFF (Piano per l’Uso sostenibile dei prodotti Fitosanitari e dei Fertilizzanti) emanato nel luglio 2018.
“Una ennesima eclatante mistificazione” secondo le 12 associazioni (Acquabenecomune Pistoia e Valdinievole, ACU Associazione Consumatori e Utenti, Alleanza Beni Comuni, Altragricoltura Bio, ASSIS – ASsociazione di Studi e Informazione sulla Salute, Bio-Distretto del Montalbano, Biodistretto del Monte Amiata, European Consumers, Great Italian Food Trade, ISDE Italia Medici per l’Ambiente, Obiettivo Periferia, PAN Italia) che hanno sottoscritto una formale contestazione inviata all’Unione europea.
A nome di tutti parla l’agronomo Mario Apicella, portavoce del Biodistretto del Monte Amiata, del quale pubblichiamo un contributo.
Se la malavita organizzata inquinasse l’acqua potabile con prodotti chimici la magistratura aprirebbe un’indagine per Terrorismo e Disastro ambientale, se una Regione permette all’agricoltura industriale di commettere lo stesso crimine sono invece i cittadini che devono ribellarsi, organizzando incisive proteste ed efficaci iniziative.
Da questo assunto di facile comprensione nasce la denuncia che 12 associazioni nazionali e regionali hanno inviato alla Commissione europea, per evitare che al danno di una disposizione di legge illecita si aggiunga la beffa di veder finanziato l’inquinamento delle acque potabili dalla Comunità Europea stessa.
La norma sotto accusa è il Decreto del Presidente della Giunta regionale Toscana n. 43/R del 30 luglio 2018, contro il quale su suggerimento dello stesso Ministero dell’Ambiente è stato fatto un articolato ricorso al TAR regionale che non ha ancora emesso una sentenza. Il decreto, lasciando increduli professori e bambini, studiosi e operai, CGIL e associazioni ambientaliste, avvocati e cittadini, dirigenti e tecnici di Acquedotti, USL e Arpat, consente di usare in tutta la Toscana 170 pesticidi a ridosso di pozzi, sorgenti e bacini idrici utilizzati dagli acquedotti per l’uso potabile, senza rispettare nessuna distanza di sicurezza, contro ogni logica e contro la vincolante normativa italiana ed europea.
Per legge infatti è vietato, come è logico, l’accumulo e lo spandimento di “concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi” nel raggio di 200 metri dai punti di captazione dell’acqua per uso potabile. Lo sancisce il comma 4 dell’articolo 94 dell’importante Decreto legislativo 152/2006 (Testo Unico Ambientale), poi ripreso e integrato dal Decreto legislativo 30/2009 che recepiva dall’Unione Europea la Direttiva Acque del 2006 e dal Decreto interministeriale 10 marzo 2015 che norma Linee guida di indirizzo per la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile, tutti decreti legati a determinanti Direttive e Regolamenti europei.
Nessuno riesce a credere che questa bella trovata sia stata riversata in un DPGR. Abbiamo interpellato ad esempio già nel gennaio del 2019 il presidente Emilio Landi dell’Acquedotto del Fiora, il più grande acquedotto toscano che serve 56 Comuni nelle provincie di Grosseto e Siena, che nonostante l’entrata in vigore del decreto si è dichiarato all’oscuro e incapace di credere che si possano utilizzare pesticidi a ridosso di pozzi e sorgenti, essendo per prassi gli agricoltori con terreni interessati da captazione di acqua potabile informati e obbligati con atto scritto a recepire le norme nazionali di distanziamento… socialmente indispensabili a garantire la salute della cittadinanza e dell’utenza.
La zona più interessata a questa normativa è invece quella del florovivaismo toscano, perennemente in crisi o costantemente privilegiato, tanto da meritare insieme al comparto ovicaprino un intervento speciale di 3,4 milioni di euro durante questa emergenza sanitaria.
Il florovivaismo, vera e propria industria cielo aperto, pur vedendo penalizzato il suo comportamento antiecologico, per esempio sui mercati del nord Europa e sulle pagine dei giornali, non vuole convertire la sua gestione industrializzata del territorio e dell’ambiente al metodo dell’agricoltura biologica – ampiamente sperimentato nell’Orto Botanico di Firenze e in decine di vivai in tutta Italia- per cui usa da sempre senza razio 350 pesticidi che per legge dal 1° gennaio 2014 dovrebbero seguire le norme della difesa integrata obbligatoria, che prevede solo in casi eccezionali l’uso dei pesticidi che, inquinando interi territori ed habitat e intossicando lavoratori e abitanti di questi distretti, arricchiscono alla fine solo 4 grandi multinazionali.
Questo modus operandi comporta che spesso e volentieri sindaci che si alternano a gestire, per esempio, la città di Pistoia sono costretti a emanare ordinanze come quella del 5 novembre 2019 di “misure urgenti per la tutela delle acque di approvvigionamento del pubblico acquedotto” per aver rilevato lo spandimento, nel caso specifico, di “glifosate, AMPA, oxadiazon, bupirimate, carbendazim, imidacloprid, penconazolo, tebufenozide, tetraconazolo, fluopyram, MCPA, pendimetalin, oxifluorfen” evidenziando che dalle indagini nelle aziende florovivaistiche “per alcune sostanze attive utilizzate nei trattamenti registrati (abamectina, clofentezine, tiofanate metile, acrinatrina, flonicamid, emamectina benzoato, deltametrina, diquat, pyriproxyfen, alcol isodecilato etossilato) non è stato possibile accertare l’effettivo utilizzo in area di salvaguardia perché ARPAT non le determina”.
Siamo al colmo del paradosso, spiega l’Ispra che ho voluto interpellare in questi giorni, si inquina ma non ci sono leggi che sanzionano gli enti preposti al monitoraggio per omissioni di atti di ufficio, sappiamo che le cosiddette acque potabili in alcuni territori sono avvelenate ma la presenza di pesticidi non viene determinata da chi è preposto a farlo.
Avendo la Regione Toscana, in piena emergenza sanitaria, inoltrato questa settimana alla Commissione europea un’istanza per farsi approvare alcuni cambiamenti del Piano di Sviluppo rurale (che dovrebbe finanziare gli agricoltori) inserendo che le aziende sostenute con centinaia di euro ad ettaro per fare agricoltura integrata sostituiranno al “Rispetto delle disposizioni sull’uso dei pesticidi nelle vicinanze dei corpi idrici o altri luoghi sensibili conformemente alla legislazione nazionale” un paradossale “Rispetto delle disposizioni di cui al DPGR n.43/R/2018”, 12 associazioni (di cui 4 toscane), hanno inoltrato formale contestazione scritta e molto ben documentata all’attenzione dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, alla Rete Europea per lo Sviluppo Rurale e al Consiglio generale per l’agricoltura e lo sviluppo rurale della Commissione europea.
Interessante il commento del presidente di European Consumers Marco Tiberti, che gira tavoli di concertazione di mezza Italia e sostiene rivendicazioni ambientaliste e soprusi contro i consumatori in tutta la penisola, che chiudendo una conversazione di 47 minuti mi ha detto sconcertato: “Se la gente si rendesse conto di come viene gestita la salute dei cittadini, facendo sempre prevalere gli interessi di chi produce agrofarmaci, cambierebbero tantissime aberrazioni!”.
Mario Apicella
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