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All’Elba cinghiali fuori controllo, Legambiente: l’unica strada è l’eradicazione

cinghiali
L’associazione ambientalista: “La legge regionale sugli ungulati che affida a chi ha creato il problema – i cacciatori – il compito di risolverlo si è rivelata un clamoroso fallimento”.

 

di Marcello Bartoli

ISOLA D’ELBA (Li) – L’Isola d’Elba non è un’area vocata per il cinghiale e l’eradicazione è l’unica soluzione per risolvere un problemi che è diventato drammatico. Ma i sindaci dell’isola devono uscire dall’ambiguità e premere in maniera congiunta sulla Regione Toscana affinché receda subito dalla scelta sconsiderata di dichiarare l’Elba area vocata per il cinghiale.

In un intervento a firma di Maria Frangioni, presidente del Circolo Legambiente Arcipelago Toscano e Umberto Mazzantini del Consiglio nazionale Legambiente il Cigno Verde prende le mosse dal grido di allarme lanciato qualche giorno fa dal sindaco di Marciana Simone Barbi e lancia le sue proposte.

L’eradicazione, spiegano Frangioni e Mazzantini, “non deve trasformarsi per forza in una strage e deve comunque avvenire in modo da evitare al massimo la sofferenza degli animali, ma è l’unica soluzione che porrà fine davvero a questa sciagurata calamità che serve solo al divertimento di ormai poche e anziane persone e che ha distrutto gran parte della preziosa biodiversità elbana”.

I cinghiali com’è noto non sono autoctoni ma sono stati importati all’Elba negli anni 60/70 dai cacciatori. Tuttavia, “mentre il Parco Nazionale ha più volte e ufficialmente chiesto l’eradicazione degli ungulati introdotti, – proseguono gli esponenti di Legambiente – non altrettanto hanno fatto i Comuni elbani, così come mentre il Parco ha apertamente contestato la decisione della Regione di definire l’Elba area vocata, non altrettanto hanno fatto i sindaci elbani di qualsiasi orientamento politico”.

Secondo Legambiente i tentativi attuati finora per contenere gli ungulati sono stati fallimentari, hanno anzi aggravato il problema: “In realtà, come dimostrano molti autorevoli studi e ammettono ormai anche esponenti delle stesse associazioni venatorie, la braccata, il tipo di caccia con le mute di cani esercitata dai cinghialai elbani, favorisce la riproduzione dei cinghiali, non a caso a una maggior densità venatoria corrisponde una maggior densità di cinghiali”. Così come le trappole fornite dalla provincia di Livorno ai cacciatori “si sono trasformate in pollai e canili, senza mai catturare un cinghiale”.

L’unico ente che ha agito in maniera efficace è il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano senza il quale “non sarebbero stati catturati ed eliminati migliaia di cinghiali, mentre dai Comuni elbani non sono venute altro che lamentazioni”, salvo poi durante le riunioni schierarsi con i cacciatori.

La verità, continua Legambiente, è che la legge regionale sugli ungulati, che affida a chi ha creato il problema – i cacciatori – il compito di risolverlo, si è rivelata un clamoroso fallimento e che all’Elba le battute straordinarie permesse al di fuori della stagione venatoria si sono rivelate un fallimento ancora più grande.

Davanti a una situazione così disastrosa Legambiente lancia le sue proposte. Il sindaco di Marciana Marina dovrebbe farsi promotore tra gli altri sindaci di un’iniziativa congiunta “perché la Regione Toscana torni immediatamente indietro dalla scelta sbagliata e sconsiderata di dichiarare l’Elba area vocata per il cinghiale, classificazione che impedisce anche di fare il secondo passo necessario: chiedere al Ministero dell’Ambiente e alla stessa Regione di avviare un progetto straordinario, con finanziamenti mirati e congrui, per affrontare davvero ed efficacemente l’emergenza cinghiali, portando rapidamente la popolazione di suini ibridi a numeri compatibili con quello che è: un’area non vocata dove i cinghiali sono stati introdotti e dove non dovrebbero stare, puntando poi a una rapida eradicazione, per permettere davvero la rinascita della biodiversità e dell’agricoltura elbane”.

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