Studio internazionale dimostra le conseguenze sulla diversità biologica di sfruttamento delle risorse marine, cambiamento climatico e inquinamento.
SIENA – Settanta studiosi di tutto il mondo hanno raccolto una gran mole di informazioni, che coprono il periodo dal 1991 al 2016, per ricostruire gli spostamenti dei predatori marini antartici: è lo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Nature a cui l’Università di Siena, unico ente italiano, ha partecipato nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide.
“L’Oceano meridionale, benché remoto – spiega Silvia Olmastroni, coautrice dello studio e collaboratrice del dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Ateneo senese – non è indenne ai cambiamenti dovuti allo sfruttamento delle risorse marine, al cambiamento climatico e all’inquinamento. Queste alterazioni possono spingere i predatori marini a spostarsi verso nuove zone – che diventano importanti per la loro sopravvivenza – che dovrebbero diventare aree marine protette”.
“Ad esempio – prosegue Olmastroni – cetacei e pinguini si muoveranno verso aree dove possono nutrirsi di krill, mentre elefanti marini e albatri in aree ricche di pesce, calamari o altre prede. Se tutti questi animali e le loro prede si concentrano nella stessa zona, allora quest’area ha un’alta diversità biologica e quindi un importante significato ecologico”.
Le informazioni raccolte riguardano 17 specie: 5 di mammiferi marini (tra cui 1 di balena, 2 di otaria e 3 di foca) e 12 di uccelli marini (5 di pinguino, 5 di albatro e 2 di petrello). Un campione complessivo di 4.060 individui sui quali sono state rilevate 2,9 milioni di coordinate spaziali con strumenti appositamente progettati per le varie specie: geolocatori con sensore della luminosità, trasmettitori satellitari- usati dai ricercatori senesi per il pinguino di Adelia (una delle specie monitorate)- e GPS.
Attraverso la modellizzazione dei dati di telemetria reali e di numerose variabili ambientali marine (tra le quali il tipo di habitat, la presenza di ghiaccio marino, la concentrazione della clorofilla) questo studio ha creato uno strumento utile per delineare alcune aree ecologicamente significative dell’Oceano Meridionale.
I ricercatori dell’Università di Siena sono impegnati dal 1994 negli studi sul pinguino di Adelia attraverso il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, che quest’anno è arrivato alla sua 35 ma spedizione antartica. Parte dei dati e delle ricerche condotte in questi ultimi 20 anni hanno contribuito al gruppo di lavoro che ha coordinato la rete di scienziati coinvolti nella creazione di un database senza precedenti relativo ai predatori marini antartici e nella pubblicazione scientifica su Nature.
Fonte: Università di Siena
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