Il tessuto non tessuto è flessibile, resistente ed economico. Oggi lo troviamo dappertutto. Ma indovinate dove va a finire quando non serve più?
di Laura Lop
Scusa, ma dove sono gli asciugamani?
Non essendo un’assidua frequentatrice dei vari aspetti della vita mondana spesso rimango arretrata sulle tante novità spacciate per modernità, che altrettanto spesso mi fanno pensare in che diamine di invenzioni assurde si vanno a ficcare le menti umane.
Una normale mattina dal parrucchiere, un negozio più o meno a caso, quello che mi risulta più funzionale nei miei spostamenti. La vestaglina di stoffa da indossare, un caffè offerto per ingannare l’attesa servito nel bicchierino di plastica, ma è il fatidico momento dello shampoo che mi spiazza: arriva la stagista con un’orrenda mantellina di materiale sintetico che mi appoggia sulle spalle.
Ma perché non avete gli asciugamani? chiedo sgomenta, guardando i cestini strabordanti di questo voluminoso rifiuto appallottolato. Perché così non ci sono più asciugamani da lavare, si usano e si buttano via, mi risponde la biondina con le meches viola.
Mentre cerco di confezionare una risposta educata una serie di considerazioni mi scorrono in silenzio: forse sto sognando e questo è un incubo o forse non ho capito bene, di certo non ci tornerò una seconda volta…
Quando faccio i laboratori sui rifiuti e la raccolta differenziata, uno dei prodotti che in genere non sappiamo istintivamente riconoscere e smaltire è proprio il tessuto non tessuto. Tovaglie, teli usati per proteggere ortaggi e fiori dal freddo e dal caldo, abbigliamento medico, imballaggi, fodere, sono tanti gli oggetti che vengono prodotti in questo materiale.
Il tessuto non tessuto (abbreviato TNT) non è una fibra naturale ma contiene polipropilene (un polimero plastico a derivazione da fonti fossili) ed è questo ingrediente che lo rende flessibile, resistente alla pioggia, alle temperature e relativamente economico. L’industria dell’edilizia ne fa ampio uso con le varie schiume poliuretaniche e i cartongessi e anche il comparto medico ne è un grande supporter.
In commercio ce ne sono di diverse qualità, le più scadenti per esempio, quando usate in agricoltura, vanno cambiate ogni tre settimane. Magari però, prima di disfarsene completamente, iniziano a spezzettarsi e disperdere frammenti nell’ambiente. E indovinate dove va a finire quando non serve più? Nell’indifferenziato, per poi finire a incenerimento!
Non tutti i prodotti in TNT sono monouso, ne esistono di accoppiati lavabili in lavatrice fino a 90° con, immagino, il conseguente rilascio di tante microplastiche nei nostri scarichi.
A quasi un secolo dal primo prototipo, studiato per ottenere garze sterili, oggi il tessuto non tessuto viene trasformato in tanti prodotti economici che sostituiscono ciò che per anni abbiamo prodotto con tessuti naturali e lavabili (ad esempio gli asciugamani!). Il che, se sommato alla disastrosa cultura consumistica odierna, disegna uno di quegli scenari che velocemente dovremmo abbandonare con le sue montagne di spazzatura sullo sfondo.
Il tessuto non tessuto è tra quei prodotti che il Centro di Ricerca Rifiuti Zero colloca nella “doppia sporca dozzina”, una lista di prodotti da evitare in quanto non riciclabili e definibili come “errori di progettazione”, e qui cito nuovamente un folle surrogato di asciugamano usa e getta.
Un passo in avanti sarebbe una maggiore efficienza del concetto della responsabilità estesa del produttore (EPR) per l’intero ciclo di vita del prodotto, compresa la fase finale di smaltimento, basandosi sul principio che “chi inquina paga” e spingendo ricerca e produzione verso l’ottica circolare del riutilizzabile e riciclabile, senza ricorrere a fonti fossili.
In internet si trovano siti che promuovono oggetti in TNT riciclato e riciclabile. Alia, il più grande gestore ambientale della Toscana, indica chiaramente di sbarazzarsi di questo materiale attraverso la frazione indifferenziata.
Passare dalle lavandaie che lavavano i panni nel fiume a farsi uno shampoo e pretendere di bruciare l’asciugamano è stato un attimo. Riuscirà questo povero homo sapiens a recuperare un po’ di buon senso?
Laura Lo Presti vive sulle colline del Montalbano, circondata dalla Natura e dai suoi gatti. Attivista ambientale per passione, collabora con il Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori (www.rifiutizerocapannori.it) e con Ekoe società cooperativa (www.ekoe.org) per la commercializzazione di stoviglie e imballi ecologici.
approfitto per chiedere al volo a Laura se, una normativa che consenta di restituire al mittente qualsiasi imballaggio acquistato, non agevolerebbe rapidamente la scomparsa dell’inverosimile
Salve.. Sono un a parrucchiera titolare di un salone.. A parte la sufficienza con cui parla della nostra categoria… Le vorrei far notare che da ormai più di un anno a questa parte siamo OBBLIGATI ad usate tutto monouso… Sborsando anche fior di quattrini per acquistare asciugamani in tnt, mascherine chirurgiche, sacchi per riporre oggetti personali dei clienti e tutto il resto… Prima di giudicare.. Che magari la stagista nemmeno sa cosa ci dietro e pensa solo alla comodità di non lavare gli asciugamani…