Arpat: acque interne gli ambienti più vulnerabili. Ancora non si conoscono i danni che questi organismi possono causare alla fauna e alla flora del territorio.
di Marcello Bartoli
PRATO – All’inizio passano inosservate ma poi si diffondono a gran velocità. E quando ci si accorge della loro presenza in genere è troppo tardi. Sono le specie aliene invasive, la versione “cattiva” delle specie alloctone: piante o animali introdotti dall’uomo, accidentalmente o volontariamente, in territori dove non erano presenti.
Si tratta di organismi predatori che si impongono con violenza nei nuovi ambienti causando la scomparsa di piante e animali locali. Dopo la distruzione degli habitat naturali, le specie aliene invasive sono diventate la seconda causa di perdita della biodiversità.
Un problema serio che sta facendo danni anche in Toscana e al quale sta lavorando Arpat, l’Agenzia regionale di protezione ambientale, che ha messo sotto la sua lente i corsi d’acqua. Sono proprio le acque interne gli ambienti più vulnerabili, dove questi ospiti indesiderati riescono a entrare e diffondersi senza incontrare ostacoli.
Nella sua attività di monitoraggio sui fiumi e torrenti toscani Arpat di questi organismi ne ha individuati parecchi. Tra le piante per esempio l’erba-alligatore (Alternanthera philoxeroides) – osservata nel tratto fiorentino dell’Arno o la Ludwigia peploides, trovata nel tratto di pianura dell’Ombrone pistoiese e nell’Arno a Camaioni.
Ma è soprattutto nei fiumi del comprensorio pratese che negli ultimi anni c’è stata una vera e propria invasione di molluschi appartenenti a specie aliene, come il bivalve Corbicula fluminea nei tratti di pianura del Bisenzio o il gasteropode Sinotaia quadrata nell’Ombrone pistoiese, nel Bisenzio e nell’Arno a valle dell’immissione dell’Ombrone.
E a proposito della Sinotaia Quadrata, aveva fatto un certo scalpore l’estate scorsa la notizia che alcuni cinesi erano stati trovati immersi in Arno, nei pressi di Montelupo Fiorentino, intenti a raccogliere questa lumaca d’acqua dolce in quantità che andavano dai 10 ai 20 chili ciascuno. Questo aveva fatto sospettare un commercio illegale e il Comune aveva emanato un’ordinanza di divieto, visto che le acque del fiume in quel tratto sono tutt’altro che pulite e i molluschi pescati lì sono altamente tossici.
Rimane il problema di inquadrare correttamente questi organismi perché non si conoscono ancora i danni che possono creare alla fauna e alla flora del territorio.
Fonte: Arpat
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