Tra i primi responsabili i fitofarmaci e in particolare l’erbicida Glifosate. Ma ci sono anche cadmio, Pfos, nichel e mercurio nelle aree geotermiche.
di Gabriella Congedo
PISA – Ogni volta che ARPAT rende pubblici i dati sullo stato di salute dei fiumi toscani sappiamo che c’è poco da stare allegri. Lo abbiamo visto con i comprensori di Pistoia e Prato, ce lo confermano ora le valutazioni sui fiumi del comprensorio pisano.
Per quanto riguarda il metodo, l’agenzia regionale ha individuato e analizzato 27 “corpi idrici” di superficie e ne ha valutato la qualità sulla base di due parametri: lo stato ecologico (cioè la presenza e la qualità delle forme di vita) e quello chimico. La stella polare è la Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE che impone il raggiungimento dello stato di Buono entro il 2021.
Le valutazioni riguardano i bacini Arno e Toscana Costa, in provincia di Pisa, e si riferiscono al triennio 2016-2018.
Lungo il corso dell’Arno la qualità chimica ed ecologica, spiega Arpat, va progressivamente peggiorando; partendo dalle sorgenti con stato ecologico “elevato” e chimico “buono” fino ad arrivare a stato ecologico “cattivo” e chimico “non buono” nel tratto pisano. Tra gli affluenti, maglia nera per i torrenti Usciana e Bientina che risultano “pesantemente compromessi sia dal punto di vista ecologico che chimico”.
Non va molto meglio per il torrente Egola nel tratto a valle. La ragione è nella presenza di cadmio, derivante alla concia delle pelli che è l’attività industriale prevalente nella zona. Male anche per i corsi d’acqua monitorati nel bacino del Cecina: tutti hanno fatto registrare qualità chimica “non buona”. Leggermente migliore la situazione nel bacino del Cornia con un solo corpo idrico “non buono” per lo stato chimico (Massera Valle).
In linea generale nel comprensorio pisano, su 27 corpi idrici analizzati, solamente 7 (Chiecina, Garfalo, Pavone, Botro Grande, Sellate monte e Massera valle) riescono a raggiungere lo stato ecologico “buono”.
Tra i primi responsabili dell’inquinamento ci sono i fitofarmaci e in particolare l’erbicida Glifosate e il suo metabolita AMPA che “risultano presenti lungo tutto il bacino dell’Arno con concentrazioni superiori allo standard di qualità ambientale”.
E se sullo stato ecologico ARPAT rileva un modesto miglioramento sia per il Bacino dell’Arno che per il bacino Toscana Costa, lo stato chimico non solo è cattivo, ma in alcuni casi è addirittura peggiorato rispetto ai rilevamenti del triennio 2013-2015. “La quasi totalità dei corpi idrici monitorati – scrive l’agenzia regionale – presenta valori di inquinanti di origine antropica non compatibili con il ‘buono’ stato chimico”.
Le sostanze responsabili sono le stesse sia nel bacino dell’Arno che nel Toscana Costa: si parla soprattutto di mercurio, tributilstagno, acido perfluoroottansolfonico (PFOS) e nichel. Il PFOS è stato trovato spesso nel bacino dell’Arno; fa parte di quei composti perfluorati, tristemente famosi per il gravissimo inquinamento dei fiumi veneti, impiegati nelle superfici antiaderenti delle padelle e come impermeabilizzanti per l’abbigliamento sportivo.
Il mercurio è stato trovato in più della metà dei corsi d’acqua del comprensorio pisano. La sua presenza può dipendere anche da cause naturali, ma nei fiumi del bacino del Cecina è di origine antropica. Quello trovato nel Botro S. Marta, spiega Arpat, proviene dall’attività di due industrie chimiche che in passato utilizzavano celle a mercurio nel processo produttivo. Negli altri corsi d’acqua del bacino del Cecina, nella parte sud della provincia di Pisa, il mercurio proviene invece dallo sfruttamento geotermico.
Per chiarezza va detto che la classificazione della qualità ecologica e chimica delle acque, come spiega Arpat, viene determinata dalla componente che ottiene la classificazione più bassa. Ma questo non migliora lo stato delle cose. I fiumi toscani non se la passano bene e gli obiettivi fissati dalla Direttiva europea sono ancora, purtroppo, molto lontani.
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