Al centro dell’intervento della scienziata e attivista indiana i danni dell’agricoltura industriale, “un sistema di produzione agricola che nei metodi si può definire nazista”.
di Marcello Bartoli
La scienziata e attivista indiana Vandana Shiva è stata ieri, sabato 9 novembre, alla Biblioteca delle Oblate di Firenze per partecipare all’incontro L’agricoltura che fa bene al clima, durante il quale ha presentato il suo ultimo libro Agroecologia e crisi climatica (Terra Nuova Edizioni).
Al centro del suo intervento i danni prodotti dall’agricoltura industriale e dalle monoculture, che nel loro interpretare il cibo esclusivamente come merce stanno distruggendo la biodiversità e il rapporto millenario tra l’uomo e la terra.
“L’agricoltura industriale è una delle principali cause del cambiamento climatico – ha esordito la scienziata – ed è responsabile dell’insorgenza di molte malattie croniche. E’ un sistema di produzione agricola che definirei “nazista” nei metodi. L’Amazzonia viene incendiata con l’obiettivo di far crescere soia OGM per sfamare animali in allevamenti intensivi. Questo processo ha smarrito il rapporto virtuoso di fertilizzazione esistente tra animali e suolo, tipico di boschi e pascoli, e ha aumentato le emissioni di gas serra”.
Vandana Shiva ha ricordato poi che molto del cibo commercializzato è artificiale e non ha origine dalla terra. Un’agricoltura senza contadini. “Siamo arrivati a produrre sangue e carne geneticamente modificati da cellule staminali e alcune multinazionali stanno introducendo l’agricoltura tecnologica di precisione senza contadini”.
E qui la scienziata mette in guardia dall’uso ingannevole del termine “sostenibile” che maschera un’agricoltura basata sulla chimica, abilmente presentata come ‘scientifica’: “L’agroecologia comprende l’agricoltura biologica e biodinamica, la permacoltura e l’agricoltura organica rigenerativa. Il termine sostenibile è ormai utilizzato da un’agricoltura “chimica” e OGM che attacca continuamente i metodi più naturali accusandoli di assenza di scientificità dei metodi. La verità è che i semi tradizionali sono più resilienti e nutrienti”.
La rapacità delle multinazionali, le ‘aziende locusta’, sta desertificando terreni e distruggendo relazioni sociali. “Le monocolture portano con sé l’illusione dell’alto rendimento – ha continuato Vandana Shiva – della misura di ciò che esce dal campo. Un cibo interpretato esclusivamente come merce non contempla le sue reali qualità e caratteristiche nutritive. La biodiversità guarda alla capacità alimentare della terra e alla prosperità delle relazioni sociali. La monocoltura è estrattiva e non circolare, non guarda alla qualità del campo, ma se il campo muore non può esserci resa. Natura e società si arricchiscono attraverso la biodiversità, a tutti i livelli. La monocoltura è prima di tutto culturale e poi agricola”.
Ma criticare le potenti multinazionali del cibo significa anche esporsi ad attacchi e tentativi di intimidazione:“Ci sono media al libro paga di multinazionali, come la Monsanto, che attaccano continuamente gli scienziati ambientalisti. Su Wikipedia, ad esempio, cambiano continuamente il mio titolo di studio per screditarmi. I programmi neo liberisti stanno impoverendo la società e la biodiversità. L’educazione non dev’essere solamente rivolta ai bambini ma ciascuno può partecipare a un processo di formazione continuo per tutta la vita”.
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