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“Quei pini erano sani”, a Collesalvetti contro i tagli un ricorso alla Corte dei Conti

Composizione fotografica di Michele Menicagli
Composizione fotografica di Michele Menicagli
Sulle 55 piante abbattute nella frazione di Stagno il ‘Comitato per la tutela del verde pubblico’ contesta l’assenza di una perizia e il mancato coinvolgimento della popolazione.

 

di Gabriella Congedo

IMG-20190910-WA0005COLLESALVETTI (Li) – È sfociata in un ricorso alla Corte dei Conti per danno erariale e ornamentale la battaglia tra il “Comitato per la tutela del verde pubblico e fauna di Stagno” e il Comune di Collesalvetti.
La causa: l’abbattimento – o lo scempio dal punto di vista del comitato – di 55 pini in via della Costituzione, frazione di Stagno. Pini che adesso non ci sono più, con l’eccezione di tre superstiti che si trovano su una proprietà privata. Le piante, tranne pochissime, sarebbero state tutte sane e quel polmone verde mitigava in parte gli effetti nocivi della raffineria Eni.

Gli avvocati ingaggiati dal comitato, nel chiedere conto e ragione del danno, fanno riferimento a un’azione intrapresa in violazione di legge in quanto priva della necessaria istruttoria, sia per la mancanza della perizia di un agronomo che per la mancata attivazione degli strumenti di partecipazione e consultazione della popolazione interessata.

Tutto inizia il 19 luglio quando il Comune informa la cittadinanza della necessità di abbattere un doppio filare di 55 pini nell’ambito di un progetto di ‘riqualificazione’ degli spazi verdi. Il motivo della decisione starebbe in conclamati problemi di stabilità delle piante – con rischio di crolli e cedimenti – emersi da apposita valutazione tecnica.
Tempo tre giorni e il 22 luglio si costituisce un comitato di cittadini che raccoglie subito più di 200 firme per chiedere lo stop al taglio. Ci si domanda se sia davvero necessario abbattere questi alberi e se esista una certificazione che ne attesti l’urgenza.

Secondo la Sinistra per Collesalvetti, che con il coordinatore Luca Chiappe, Valerio Cignoni e Michele Menicagli ha affiancato il comitato, a luglio non c’era ancora nessuna perizia, come emerso dall’assemblea pubblica del 25, e si è trattato dunque di “un’operazione avventata e rivelatasi alla luce dei fatti gestita con approssimazione, senza seguire dall’inizio le dovute procedure”. “Crediamo che se fosse stata confermata dall’inizio l’effettiva pericolosità delle piante – dichiarano gli esponenti di Sinistra per Collesalvetti – nulla si sarebbe potuto obiettare circa il taglio per motivi di sicurezza pubblica. Lo abbiamo sostenuto fin dall’inizio e lo davamo per scontato presupponendo che il Comune, e in questo caso l’ufficio tecnico, avesse realmente una perizia che ne certificasse l’imminente caduta”.

La famosa perizia invece – firmata dal dipartimento di Agraria dell’Università di Pisaarriva molto più tardi (è datata infatti 19 agosto) e riguarda le 27 piante non ancora abbattute. Nel documento si fa notare tra l’altro l’assenza – protratta negli anni – di qualunque manutenzione , mentre nelle conclusioni si legge che “le venti piante che potrebbero restare al loro posto, poiché il loro rischio di propensione al cedimento non è estremo, pur rappresentando un elemento di ricchezza ambientale e naturalistica e di qualità della vita psicofisica delle persone riuscirebbero ad apportare modesti servizi ecosistemici in termini di servizi ambientali (miglioramento della qualità dell’aria, delle condizioni climatiche, riduzione del rumore, miglioramento del paesaggio, tutela della biodiversità), socio-culturali o economici”.

I servizi ecosistemici saranno stati anche modesti, argomenta il comitato, ma ciò non basta a giustificare la tabula rasa che è stata fatta; buona parte dei pini potevano rimanere al loro posto, visto che i rischi di cedimento non erano rilevanti.

“Crediamo che la popolazione avrebbe dovuto essere informata sul tipo di operazione che si intendeva fare – conclude la Sinistra per Collesalvetti – per valutare il tipo di intervento più adeguato. Anche la riqualificazione di aree pubbliche deve prevedere momenti di discussione partecipata che coinvolgano i cittadini nelle scelte progettuali e gestionali, visto che queste aree rappresentano un bene di interesse collettivo”.
Non sappiamo quale sarà l’esito del ricorso ma certamente il comitato continuerà a dare battaglia finchè non vedrà riconosciute le sue ragioni.

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