I microorganismi viventi sono in grado di detossificare in maniera naturale sia l’ambiente che il nostro organismo. Proviamo a conoscerli.
di Guido Balestra, medico ISDE
L’inquinamento ambientale e alimentare a cui siamo sempre più sottoposti deve essere conosciuto e approfondito anche dal mondo dei medici, che sono il primo baluardo di difesa nella diagnostica di tutta una serie di patologie che hanno alla loro base tossici alimentari o ambientali. Devono essere conosciuti i meccanismi mediante i quali questi tossici producono il loro effetto biologico e si devono identificare, oltre ai modi di ridurli o eliminarli dalla catena ambientale o alimentare, anche i mezzi per ridurre il danno o la concentrazione a valle del loro uso.
In italiano non esisteva una parola che sinteticamente esprimesse questo concetto, parola che esiste in inglese da anni: bioremediation, tradotta con il termine biorisanamento che sta a indicare la soluzione di problemi di inquinamento ambientale attraverso l’uso di micro organismi viventi, ovvero di batteri.
In medicina l’uso di batteri o probiotici o fermenti è noto da anni soprattutto in pediatria, che li utilizza energicamente da tempo. Tutti abbiamo assunto fermenti nel corso di un episodio diarroico o dopo un trattamento antibiotico. La stessa cosa non si può dire per gli alimenti fermentati ottenuti sia con fermentazione guidata da culture starter che con fermentazione selvaggia. Qui la medicina è fortemente assente e ancora una strettissima minoranza di persone conosce le notevoli proprietà salutistiche del kefir artigianale, dell’aceto di mele non pastorizzato, delle olive non pastorizzate o delle verdure fermentate, solo per citare i più comuni alimenti fermentati.
È sempre più evidente che sia l’ambiente che il nostro intestino possono giovarsi di un biorisanamento a opera di batteri buoni che hanno la capacità di detossificare gli alimenti o il terreno, di predigerire gli alimenti assunti e di difendere e assistere il nostro sistema immunitario per proteggerci dagli aggressori.
Purtroppo la necessità di allungare la shelf life (la durata della vita sullo scaffale) dei prodotti alimentari ha portato a una graduale eliminazione dei cibi fermentati e a una grande diffusione della pastorizzazione, processo fisico che mediante il calore ha come obbiettivo l’eliminazione del maggior numero di batteri contenuti nei nostri alimenti, buoni o cattivi che siano. Ne deriva che le occasioni che abbiamo di introdurre batteri buoni nel nostro corpo è stata gravemente ridotta; ricorriamo ai probiotici come farmaci che non sono però sufficienti. In più la logica imperante di una sanificazione data da disinfettanti chimici nell’ambiente o da antibiotici nell’uomo ha gravemente rallentato lo sviluppo di metodiche di biorisanamento ambientale o umano.
I contadini sanno che alcune avversità sono controllabili attraverso l’uso di batteri; famoso è il bacillus turigensis che uccide le larve delle zanzare e alcune malattie dei prodotti ortofrutticoli. Nel 1980 uno scienziato giapponese, il professor Teruo Higa, riunì un cocktail di 80 ceppi batterici costituiti da lattobacilli, lieviti e batteri della fotosintesi in grado di convivere e sopravvivere a lungo in soluzione acquosa e di essere riattivati al bisogno in qualunque ambiente. Inoltre in caso di bisogno di grandi quantità questi possono essere moltiplicati mediante una rapida fermentazione con costi molto ridotti. Il professor Higa registrò questo prodotto con il nome di Effective Microorganism (EM).
Nell’ambiente domestico e agricolo lo sviluppo dei microorganismi effettivi (EM) ha mostrato un’enorme potenzialità ancora non conosciuta e diffusa fra gli operatori del settore e tanto meno nella popolazione. Pochi sanno che gli EM, che si possono trovare a basso costo sul mercato anche se ancora non prodotti in Italia, hanno mostrato grande utilità nella pulizia della casa, nell’eliminazione degli odori sgradevoli nella bonifica degli scarichi fognari o nella pulizia degli animali domestici e negli allevamenti.
Questi EM hanno anche un enorme potere di colonizzare il terreno e aiutarlo, soprattutto se impoverito da anni di agricoltura chimica, a recuperare quella vita microbiologica necessaria per il mantenimento di una fertilità di lungo corso, essenziale per lo sviluppo e il mantenimento di un’agricoltura sostenibile. Possono essere usati anche sulle piante in fase vegetativa perché concorrono a ristabilire il mantenimento di un microbioma superficiale delle piante che altro non è che un analogo del nostro microbioma cutaneo, così come il microbioma radicale è l’equivalente per la pianta del nostro microbioma intestinale, e tutti questi microbiomi sono essenziali per difenderci dalle avversità.
Gli EM costituiti a loro volta da una miscela di lattobacilli, lieviti e batteri della fotosintesi sono in agricoltura quello che lattobacilli, bifidi e lieviti sono in terapia umana. Lo sviluppo di moderne tecniche di tipizzazione genica del materiale batterico attraverso il sequenziamento dell’RNA ribosomiale 16S rRNA sta consentendo inoltre di identificare e classificare nuove specie batteriche, soprattutto anaerobie, che non erano in passato coltivabili e analizzabili. Ci attendiamo enormi sviluppi di queste tecniche che già hanno dato un forte impulso al settore della terapia batterica in campo umano.
Quello che manca è il coraggio e la volontà di spingere su questo settore per l’inerzia del sistema economico che si attarda a utilizzare le vecchie tecniche di disinfezione e sanificazione chimica. Da sottolineare che i costi di questi processi microbiologici sono molto inferiori e questo sembra complicare anziché semplificare il processo.
Non rimane quindi che cercare di sensibilizzare gli utenti finali, e soprattutto gli operatori della sanità che possono svolgere un importante ruolo di stimolo. L’ISDE (International Society of Doctors for Environment), che ha un importante ramo italiano di medici attivi sui temi dell’inquinamento e della lotta ai veleni, ha deciso di promuovere tutti quei comportamenti volti a ridurre l’uso di una chimica inquinante e tossica.
Tra l’altro, recentemente è emerso il tema della resistenza agli antibiotici che sta mietendo vittime negli ospedali di tutto il mondo civilizzato. Si dice che anche in Italia nel 2018 vi siano stati oltre 15.000 casi di morte per sepsi ospedaliera intrattabile e il tema è sotto osservazione in questi mesi. La resistenza agli antibiotici ha fra le proprie cause un abuso di antibiotici oltre che in terapia umana anche in allevamento animale. Un contatto costante di ceppi batterici patogeni con antibiotici seleziona inevitabilmente dei ceppi resistenti che, quando prendono il sopravvento, non trovano più ostacoli sul loro percorso.
Ben vengano allora soluzioni più naturali per aumentare salute, biodiversità e robustezza della flora batterica intestinale la quale è in grado, da sola, di contrastare un grande numero di patogeni. Ben vengano soluzioni che mediante l’uso di un film batterico ambientale sono in grado di contrastare lo sviluppo e la crescita di ceppi patogeni ambientali o addirittura ospedalieri, come studi recenti hanno mostrato.
Occorre solo dare supporto scientifico e spingere in questa direzione cercando di sensibilizzare tutti coloro che sono animati dalla buona volontà di trovare soluzioni a problemi sempre più complessi e che richiedono un cambio radicale del modo di pensare.
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