Grazie anche all’aiuto di Legambiente Quarrata la Fernanda potrà coronare il suo sogno: fare il pane con la farina biologica a km 0 del suo campo.
di Gabriella Congedo
QUARRATA (Pt) – La trebbiatura è terminata, il grano messo nei sacchi di juta e portato a un mulino a pietra per la macina. Quando la farina sarà pronta Fernanda, la fornaia panettiera di San Bastiano, potrà fare per la prima volta il pane con la farina di grani antichi del suo campo. Un pane biologico davvero a km 0, non inquinato da sostanze chimiche.
Questa della Fernanda è una bella storia, l’abbiamo già raccontata ma la riassumiamo per chi non la conoscesse.
Tanti anni fa nel bar trattoria dei fratelli Vettori a Olmi si vendeva un pane buonissimo, che solo le persone di una certa età possono ricordare. Quel pane proveniva dallo stesso forno di San Bastiano dove oggi la Fernanda sforna il suo, impastandolo nella madia, lasciandolo lievitare naturalmente e cuocendolo nel forno a legna.
La fornaia però aveva un sogno: fare tutto in autonomia con il “suo” grano, un grano della cui genuinità e purezza potesse essere sicura.
Un gruppo di amici le sono venuti in aiuto e Legambiente Quarrata ha garantito il sostegno tecnico-scientifico. L’anno scorso a fine ottobre una miscela di grani antichi è stata seminata nel grande terreno di sua proprietà a pochi passi dal forno. Se ne è occupato l’amico Fiorello Gori che ha usato veri trattori d’epoca. Il grano è venuto su una meraviglia senza fertilizzanti e concimi chimici e il 6 di luglio è arrivato il momento tanto atteso della trebbiatura, anche quella fatta con una macchina d’epoca, una vecchia Laverda del 1975. Il prossimo evento, la prima cottura del pane nel forno a legna, sarà celebrato come si conviene con una grande festa.
Legambiente Quarrata da parte sua conferma: nessun trattamento chimico è stato fatto nel campo di grano della Fernanda ma l’associazione continuerà a vigilare – assicura il presidente Daniele Manetti – con tutti gli strumenti a sua disposizione perché le terre della fornaia siano protette dall’inquinamento.
I grani antichi
Per grani antichi si intendono quelle varietà coltivate prima della “rivoluzione verde” avvenuta alla metà del Novecento con la nascita della selezione genetica. Nel 1974 un gruppo di ricercatori italiani del Comitato nazionale per l’Energia nucleare sottopose il grano “Senatore Cappelli” ai raggi gamma in un reattore nucleare per ottenere una mutazione genetica, poi lo incrociò con una varietà americana. Si ottenne così una nuova varietà “nana” più produttiva e dalla crescita precoce.
Questo tipo di grano mutato, non OGM ma irradiato, ha un fusto molto più basso che riduce il rischio di allettamento, cioè l’abbattimento dovuto al vento e alla pioggia, risponde meglio ai fertilizzanti chimici, dà una maggiore resa e un glutine più forte e tenace per la produzione industriale di pane e pasta.
Le farine ottenute dai grani antichi invece contengono glutine di un tipo più debole, e quindi più facilmente digeribile; hanno proprietà organolettiche migliori e molto spiccate rispetto ai grani moderni.
Reintrodurre questo tipo di grani influisce anche sull’ambiente: le tecniche agronomiche tradizionali favoriscono una lavorazione dei campi più lenta e rispettosa e migliorano decisamente la composizione del terreno, aumentandone la permeabilità con conseguenze positive sulle caratteristiche idrogeologiche.
I grani definiti “moderni” sono di fatto poche varietà coltivate ovunque con l’aiuto di fertilizzanti, diserbanti e grandi quantità d’acqua per irrigare.
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