La natura ci offre modelli virtuosi. Bisognerebbe imitarla anziché promulgare leggi che devastano ecosistemi preziosi con l’alibi della prevenzione.
di Dario Boldrini
Estate 2019 iniziata sotto il segno di nuovi record in negativo per il clima con picchi di temperature fino a 44° C soltanto nel mese di giugno. Un clima insano e in rapida trasformazione con alterazioni ambientali irreversibili che percepiamo tutti sulla nostra pelle. L’ambiente naturale affronta certi stress termici rallentando il proprio sviluppo, ottimizzando le risorse, esprimendo sempre un virtuoso esempio di resilienza in ogni forma espressiva. L’essere umano no. Egli apre nuove vie a piani di prevenzione incendi che propongono devastazione di pinete, opere di urbanizzazione e cantieri di rimboschimento con fondi pubblici in seguito a vasti incendi di origine dolosa, propone la stessa ricetta “bere almeno 2 litri di acqua al giorno” oppure “restare in casa nelle ore più calde”.
Io però in alcuni giorni, con il mio cappello di paglia, esco anche se sono le due del pomeriggio a osservare certi fenomeni di siccità, percepire la calura al riparo di una chioma di albero invece che restare chiuso in una stanza con aria condizionata a 20°C che invece a quanto pare è sano per molti. Oltre alla percezione di certe massime temperature, complice anche il livello di umidità, sono però gli incendi il primo pericolo per i nostri boschi, soprattutto per le pinete litoranee e montane.
Un fenomeno ben noto ma assai poco approfondito nelle vere cause che lo generano e lo fanno propagare in modo drammatico. Il patrimonio boschivo italiano subisce ormai da anni una drastica riduzione. Solo negli ultimi 2 anni sono andati in fumo oltre 200.000 ettari di bosco, stimando che in 30 anni sia andato perso il 12% del patrimonio forestale del nostro Paese.
Precisando che un incendio può essere spontaneo (solo in rarissimi casi, come a causa di fulmini), colposo per fuochi sfuggiti da abbruciamenti o mozziconi di sigarette, accidentale per incuria materiali infiammabili o dolosi, a opera di folli piromani, i casi più comuni.
La Toscana ha recentemente emanato il Piano AIB di prevenzione incendio che prevede drastici interventi di diradamento degli alberi (oltre l’80%) con distruzione del sottobosco, abbattimento di tutti i Pini marittimi (Pinus pinaster), la creazione di strutture parafuoco e di viabilità e fasce di autoprotezione fortemente impattanti e addirittura l’utilizzo del fuoco prescritto. Quest’ultima “tecnica” del fuoco prescritto è un affronto non solo all’ecosistema naturale del bosco ma all’intelligenza di ogni essere umano. Pensate che prevede un’applicazione esperta e consapevole del fuoco su superfici pianificate per ottenere effetti desiderati e conseguire obbiettivi nella pianificazione territoriale.
Così, a norma di legge, si stanno per devastare le Pinete litoranee grossetane e altri luoghi di natura che sono un patrimonio naturale e culturale importantissimo, riconosciuto non soltanto dalla UE. Contro gli incendi in realtà è necessario sviluppare fin dalla scuola una cultura e sensibilità ambientale, nella comprensione dei danni ecologici e nelle punizioni severe per i responsabili.
Sapete, ad esempio, che semplicemente imitando un piccolo insetto potremmo combattere gli incendi nel modo più efficace e rapido?
La Melanophila Buprestide è un genere di coleottero noto come l’insetto del fuoco, che grazie a speciali sensori percepisce a grande distanza un fuoco in natura. Inoltre questo insetto pirofilo ha una straordinaria sensibilità verso i segnali infrarossi che, una volta captati, lo portano a volare verso il legno che brucia.
Questo “mini SOS del fuoco” naturale può essere imitato nella creazione di un apparecchio che lanci subito l’allarme, con l’ausilio di eventuali droni antincendi per la rilevazione del luogo esatto, inviando all’istante il segnale di allarme al tempestivo intervento dei Vigili del fuoco e degli addetti antincendi.
Che anche stavolta il suggerimento da ascoltare, il modello da imitare ci sia proposto dalla natura non mi stupisce affatto. Invece di impiegare energie e fondi nella robotica applicata alle produzioni agricole (piante con microchip, macchine di raccolta e potatura robotizzate, droni di rilevazione e controllo delle colture) o promulgare leggi che devastano ecosistemi preziosi con l’alibi della prevenzione incendi, non sarebbe opportuno investire una cospicua parte nella salvaguardia, protezione e prevenzione di queste aree con ricerche, prototipi e progetti sui modelli di Madre Natura?
Dario Boldrini è nato e vive a Montespertoli (Fi). Dopo 12 anni di lavoro in uno studio di Architettura del Paesaggio di Firenze (ha progettato alcuni dei primi orti urbani) ha scelto di vivere nel podere di famiglia San Ripoli dove ha fondato l’associazione Seminaria. Un progetto che spazia dalla creazione di orti e giardini ai laboratori di orticoltura per bambini e adulti, dalle spirali di erbe aromatiche ai seminari di orti creativi.
Appassionato divulgatore, ha realizzato centinaia di servizi per il programma GEO di RAI 3 in giro per l’Italia. Il suo progetto della Terza Piazza a Firenze (Coop di piazza Leopodo) è diventato un modello di aggregazione sociale.
“Giardiniere planetario” è una qualifica ereditata da Gilles Clèment, agronomo e paesaggista francese.
www.darioboldrini.net
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