In un secolo è scomparso il 75% della diversità genetica e il cibo che consumiamo spesso invece di darci salute ci fa ammalare.
di Patrizia Gentilini – Giunta nazionale ISDE
Introduzione
I tempi in cui stiamo vivendo sono segnati da una crisi ecologica che mai prima d’ora il genere umano si era trovato ad affrontare, tanto che si parla ormai di “antropocene” per definire l’epoca geologica attuale. ll termine Antropocene venne coniato nel 2000 dal chimico olandese (premio Nobel) Paul Crutzen e la data-simbolo di inizio è il 16 luglio 1945, quando venne fatto esplodere il primo ordigno nucleare nel Nuovo Messico. Con questo termine si intende indicare una nuova era geologica in cui l’azione umana sta modificando l’ambiente terrestre e la biosfera in maniera così radicale da compromettere la stessa possibilità di vita, anche per la nostra specie, sul pianeta.
Nel desolante panorama della complessa crisi che ci troviamo ad affrontare e che è contestualmente crisi ambientale, climatica, economica e sociale, le responsabilità del settore agricolo non sono certo secondarie: secondo l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul Cambiamento climatico) l’agricoltura industriale contribuisce per il 24% – subito dopo il settore per la produzione di energia – all’emissione di gas climalteranti; l’impiego di fertilizzanti e pesticidi (134.000 t/anno di pesticidi sui suoli agricoli italiani!) è causa di desertificazione, perdita di humus e di biodiversità, richiede enorme consumo di acqua e comporta una profonda alterazione degli ecosistemi, inquinamento dei suoli e delle acque e gravi rischi per la salute umana.
Agricoltura industriale: un modello fallito
Il modello dell’agricoltura industriale, noto anche come “rivoluzione verde”, impostosi dopo la Seconda Guerra mondiale e ostentato come risolutore di tutti i problemi, a cominciare da quello della fame nel mondo, è viceversa ormai riconosciuto del tutto fallimentare dalla stessa FAO (1).
Ancor oggi oltre 800 milioni di persone soffrono la fame e nel contempo crescono obesità e sovrappeso; 1/3 del cibo prodotto viene sprecato e l’intero settore agricolo é sotto il controllo di un ristretto numero di multinazionali, concentrate nei Paesi più ricchi e industrializzati che dettano legge stabilendo cosa e come deve essere coltivato, detengono brevetti su farmaci, sementi e prodotti chimici per la loro coltivazione.
Il cibo stesso è diventato una merce, una “commodity”, al pari degli altri prodotti di mercato, e come questi sottoposto alle speculazioni della finanza con tutto ciò che ne consegue.
Ma anche il cibo di cui ci nutriamo e che dovrebbe darci energia e salute è sempre più uniforme, pieno di residui di pesticidi ma povero di nutrienti. In un secolo è scomparso il 75% della diversità genetica e la maggioranza del genere umano si ciba di non più di 12 specie di piante. Spesso si tratta di un cibo “spazzatura”, di basso prezzo, che invece di darci salute ci fa ammalare a causa dei residui di pesticidi che, quand’anche presenti “nei limiti di legge”, non sono affatto scevri di ricadute negative per la salute umana, specie se sotto forma di multiresiduo.
Una mole crescente di evidenze scientifiche attesta, al di là di ogni dubbio, che l’esposizione cronica a pesticidi – ovvero l’esposizione a dosi piccole e prolungate nel tempo e che ci riguarda ormai tutti perché queste molecole sono presenti nel cibo, nell’aria, nell’acqua nei suoli – comporta gravi rischi per la salute umana. Ampiamente documentati rischi al sistema nervoso, all’apparato endocrino, immunitario, riproduttivo, renale, cardiovascolare e respiratorio con incrementi del rischio di tutti i tumori (in particolare leucemie, linfomi e mielomi), diabete, obesità, patologie respiratorie, ipertensione, malattie neurodegenerative (Parkinson in primis), infertilità, disturbi della sfera riproduttiva maschile e femminile, malformazioni, esiti sfavorevoli della gravidanza, disfunzioni ormonali (specie della tiroide) (2).
Per le patologie cronico-degenerative i pesticidi rappresentano uno dei più importanti fattori di rischio, con costi ingenti non solo umani e sociali, ma anche economici: si è valutato che per un dollaro speso in pesticidi se ne spendono due per i danni sanitari e ambientali conseguenti. I rischi sono ancor più elevati se l’esposizione avviene nel periodo embrio-fetale, per esposizione materna.
Microbiota: il “filo rosso fra noi e l’ambiente”
Alla riduzione della biodiversità e alla uniformità del cibo si associa la profonda alterazione dell’ambiente microbico intestinale (microbiota), quello che possiamo definire il “filo rosso” fra noi e l’ambiente, presidio essenziale per l’omeostasi dell’organismo, ma anche primo bersaglio dell’azione nociva degli inquinanti ambientali e soprattutto dei pesticidi.
La crescita esponenziale di lavori scientifici sul microbiota attesta il ruolo cruciale che sempre più si riconosce al mantenimento di un corretto equilibrio fra le centinaia di specie che albergano nel nostro intestino, rappresentando circa 2Kg del nostro peso complessivo. Il microbiota è coinvolto nella sintesi di vitamine (in particolare acido folico), nel metabolismo di carboidrati, proteine, lipidi, nel buon funzionamento del sistema immunitario e soprattutto in quello del nostro cervello, tanto che l’intestino, viene definito “secondo cervello”. Se insorgono dismicrobismi e il microbiota si altera viene meno l’integrità della parete intestinale e si induce uno stato di infiammazione cronica con incremento di allergie, atopia, alterazione delle funzioni cerebrali, deficit immunitari e aumento dell’obesità e del diabete.
Microbiota e pesticidi
Alcuni studi recenti hanno messo in luce gli effetti sul microbiota di una dieta contenente residui di pesticidi sia con studi epidemiologici che sperimentali. Ad esempio una serie di studi ha evidenziato che nella flora batterica intestinale di bambini autistici prevalgono, rispetto a coetanei sani, batteri del genere clostridi, noti per rilasciare citochine neurotossiche, rispetto a batteri benefici quali lattobacilli, bifidus o enterococchi e questo viene messo in relazione alla maggiore suscettibilità di questi ceppi ai residui di glifosate presente nella dieta (3).
Da un altro recentissimo studio condotto su animali da laboratorio è emerso che l’esposizione cronica a clorpirifos, insetticida organofosforico ben noto per danneggiare in neurosviluppo, altera l’integrità della barriera intestinale, promuovendo la liberazione di lipopolisaccaridi che a loro volta inducono un’infiammazione di basso grado, all’origine di obesità e insulino-resistenza. Da notare che il ruolo del clorpirifos nell’insorgenza di queste patologie si è dimostrato superiore a quello della predisposizione genetica e di una dieta ricca di grassi (4). Ricordo che clorpirifos e glifosate sono fra i 29 pesticidi autorizzati in Toscana dal PUFF nei punti di captazione di acque potabili di cui si è di recente parlato anche in questo sito.
L’alimentazione biologica fa bene alla salute
Eppure le soluzioni ci sono e molti sono ormai gli studi che dimostrano che non solo nei cibi biologici vi sono minori residui di pesticidi, ma anche migliori profili nutrizionali rispetto a quelli convenzionali e OGM. Un’ampia revisione condotta su 343 studi ha concluso che rispetto agli alimenti convenzionali, in quelli biologici sono presenti maggiori livelli di polifenoli (dal 19% al 51%) e antiossidanti, minori residui di pesticidi e minori livelli di metalli pesanti (in particolare cadmio) (5). Documentati ampiamente anche concreti benefici per la salute: un’alimentazione biologica riduce sia l’esposizione a organofosforici in bambini e adulti, sia i rischi di obesità, diabete, pre-eclampsia in gravidanza, ipospadia; un’indagine, condotta su una coorte di oltre 66.000 francesi, ha evidenziato che l’alimentazione biologica riduce il rischio di cancro e gli Autori la definiscono una “promettente strategia preventiva contro il cancro” (6).
Anche il Parlamento Europeo ha di recente riconosciuto che il consumo di alimenti biologici riduce il rischio di malattie allergiche e obesità, protegge lo sviluppo cerebrale specie in gravidanza, riduce la presenza di cadmio, presenta maggiori quantità di omega 3 in latte e carni da allevamenti biologici e riduce il rischio di antibioticoresistenza (7).
Se abbiamo a cuore la salute nostra e soprattutto dei nostri bambini credo ci siano pochi dubbi che è arrivato il momento di cambiare, cominciando proprio dal cibo che ogni giorno mettiamo sulla nostra tavola!
BIBLIOGRAFIA
- http://www.fao.org/news/story/en/item/1114099/icode
- Pesticides: an update of human exposure and toxicity Archives of Toxicology 2017. 91:549–599 Mostafalou S., Abdollahi M
- Clostridium Bacteria and Autism Spectrum Conditions: A Systematic Review and Hypothetical Contribution of Environmental Glyphosate Levels. Med Sci (Basel). 2018 Apr 4;6(2). Argou-Cardozo I, Zeidán-Chuliá F
- Organophosphorus pesticide chlorpyrifos intake promotes obesity and insulin resistance through impacting gut and gut microbiota Microbiome. 2019; 7: 19. 2019 Feb 11. Yiran Liang,, Jing Zhan Donghui Liu, et al.
- Higher antioxidant and lower cadmium concentrations and lower incidence of pesticide residues in organically grown crops: a systematic literature review and meta-analyses.Br J Nutr. 2014 Sep 14;112(5):794-811. Barański M, Srednicka-Tober D
- Association of frequency of organic food consumption with cancer risk: findings from NutriNet-Santè Prospective Cohort Study JAMA Intern Med. 2018 Oct 22. Baudry J, Assmann KE
- http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2016/581922/EPRS_STU%282016%29581922_EN.pdf
Aggiungi un commento