Vivono molto a lungo ma le informazioni sull’evoluzione del loro genoma sono scarse. Nel team internazionale che le studia anche Claudio Ciofi dell’Università di Firenze.
FIRENZE –Solitario e vecchissimo, Lonesome George, ultimo esemplare delle tartarughe giganti dell’isola di Pinta nelle Galápagos, ha lasciato nel suo patrimonio genetico indizi per decifrare il segreto della longevità. Lo svela sulla rivista Nature Ecology & Evolution il team internazionale, di cui fa parte Claudio Ciofi, che ha studiato il genoma delle tartarughe giganti alla ricerca dei tratti distintivi della longevità e delle malattie legate all’età.
I ricercatori – guidati da Carlos López-Otín, dell’Università di Oviedo in Spagna, e Adalgisa Caccone della Yale University – hanno sequenziato gli interi genomi di Lonesome George (morto nel 2012 a un età di oltre 100 anni, secondo le stime degli scienziati) e di una tartaruga gigante di Aldabra, unica specie vivente dell’oceano Indiano, per individuare i geni potenzialmente associati allo sviluppo delle dimensioni corporee e alla longevità di questi animali, oltre che a un minor rischio di contrarre tumori.
“Confrontandoli con genomi di specie affini – spiega Ciofi, docente di Ecologia del Dipartimento di Biologia – abbiamo rilevato un meccanismo di selezione positiva e di espansione di famiglie di geni associate alla regolazione del metabolismo e alle risposte immunitarie, probabilmente legati alle dimensioni eccezionali di queste tartarughe”.
Il team ha individuato varianti geniche che sono coinvolte nella durata della vita delle tartarughe giganti, aprendo così nuove potenziali linee di ricerca sul fenomeno dell’invecchiamento degli organismi. I ricercatori hanno scoperto anche che nel genoma delle tartarughe sono presenti alterazioni specifiche di alcuni soppressori tumorali, in particolare di due geni la cui sovraespressione è nota come causa dell’insorgenza dei tumori.
Fonte: Università di Firenze
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