Le Corti di Giustizia hanno cominciato a sanzionare quelle che causano gravi danni all’ambiente. In Italia scarsi i controlli e la prevenzione.
di Sandro Angiolini
31 dicembre 2022
Si chiude un anno molto difficile per la tutela ambientale nel mondo. La lista degli eventi e dei problemi che abbiamo conosciuto, direttamente o indirettamente, è semplicemente immensa e su ogni scala territoriale (locale, nazionale, mondiale).
Quello che il quotidiano inglese The Guardian ha in questi giorni giustamente notato è che è stato un anno difficile anche per molte multinazionali che hanno la loro sede principale nei Paesi “sviluppati”, soprattutto in Europa. Il motivo è che le Corti di Giustizia del nostro continente hanno cominciato a ritenere responsabili queste grandi imprese anche dei gravi danni che periodicamente provocano all’ambiente, anche in lontane nazioni dove le norme di protezione ambientale sono pressoché inesistenti o non sono applicate seriamente.
L’articolo in questione cita numerosi e significativi casi di questa tendenza, favorita dal crescente impegno che studi legali sensibili a queste cause hanno messo a disposizione:
Vedanta Resources e Royal Dutch Shell sono state condannate a risarcire le popolazioni locali di due distinte aree della Nigeria per i danni causati dalle loro attività estrattive (una di queste avvenuta ben 15 anni fa). La norvegese Norks Hydro è stata condannata a fare lo stesso per l’inquinamento ambientale in una zona del Nord del Brasile.
L’Olanda appare il Paese dove i tribunali sono maggiormente sensibili a questo tipo di cause, ma sono state registrate sentenze simili anche in Germania, Svezia, Francia e anche negli Usa. Non viene invece menzionata l’Italia, che pure ha avuto nel tempo alcune compagnie (vedere l’Eni) sotto la lente d’ingrandimento per ragioni analoghe.
Uno degli strumenti più efficaci per far rigare dritto queste grandi imprese, già adottato in Francia e in arrivo dal gennaio 2023 in Germania, è una legge che imponga loro di adottare un comportamento rispettoso dell’ambiente per tutte le loro sedi operanti all’estero. Non so se una norma del genere esista anche per le imprese italiane ma credo che il passaggio più opportuno sarebbe in ogni caso l’emanazione di una direttiva comune da parte della UE su questi temi.
Anche i media possono svolgere un ruolo decisivo in casi del genere, soprattutto facendo conoscere nei Paesi di origine di queste multinazionali i danni che provocano altrove, e così facilitare la mobilitazione delle persone e delle associazioni di volontariato ambientale.
Più in generale, il tema del rispetto delle norme di tutela ambientale è un problema ricorrente anche in Italia e in Toscana. Viviamo in una nazione e in una regione con tante norme ben scritte sulla carta (anche se spesso è vero il contrario…) ma dove scarseggiano le attività di prevenzione, i controlli sul territorio e in molti casi anche la volontà da parte degli amministratori di trovare soluzioni adeguate e innovative a problemi annosi, ascoltando senza pregiudizi la voce dei cittadini. Questo è il triste lascito dell’anno che se ne va… buon 2023!
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
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