Un ecosistema fragile ma fondamentale per l’equilibrio delle aree costiere del Mediterraneo. Che adesso rischia danni irreversibili a causa della pressione antropica.
di Gabriella Congedo
C’è una pianta marina che rappresenta la chiave dell’intero ecosistema costiero del Mediterraneo: la Posidonia oceanica. Può capitare di incontrarla sulle spiagge, sotto forma di ammassi di foglie in decomposizione (chiamati banquettes) o in formazioni rotondeggianti (le cosiddette “palle di mare”) formate dalle fibre che si aggregano a opera delle onde.
La Posidonia è una risorsa importantissima per il mare e per la salute dell’intero sistema costiero. Le sue praterie sono in grado di immagazzinare grandi quantità di energia e di “esportarla” verso altri sistemi; offrono riparo e nutrimento a molte specie marine; e, non da ultimo, svolgono un ruolo determinante nella protezione delle coste dall’erosione.
Da parecchi anni la Posidonia è una specie protetta, sia in Italia che in Europa. Si sta cercando di porre rimedio ai danni prodotti negli ultimi decenni. La pesca a strascico, gli ancoraggi delle barche da diporto, gli scarichi industriali, le gabbie di allevamento ittico e le fognature hanno prodotto danni forse irreversibili. Senza contare la minaccia crescente rappresentata dalle infrastrutture costiere come oleodotti e gasdotti, dighe e barriere artificiali. Opere che distruggono la pianta o ne provocano il soffocamento.
Finora i vari tentativi di reimpianto non hanno portato grandi risultati. Ci riprova l’Unione Europea con un nuovo progetto, Life SEPOSSO (Supporting Environmental governance for the POSidonia oceanica Sustainable transplanting Operations), che vede impegnato dall’ottobre 2017 anche il Settore Mare di ARPAT. Gli altri partner sono ISPRA (in qualità di capofila), l’Università di Roma ”Torvergata”, l’Università di Palermo, IAMC-CNR di Castellammare del Golfo (Trapani), l’Autorità portuale di Piombino, ARPAT, SETIN srl Servizi Tecnici Infrastrutture, VESENDA srl.
L’obiettivo è quello di fornire un supporto tecnico-scientifico e strumenti di pianificazione e controllo ai reimpianti della Posidonia oceanica.
“Purché – sottolineano gli esperti ARPAT – il reimpianto non venga utilizzato come alibi per uno sviluppo indiscriminato della fascia costiera a scapito dell’integrità dell’ambiente marino. La Posidonia è una risorsa di cui l’uomo ha bisogno, ma allo stesso tempo rappresenta un ecosistema fragile, con tempi di recupero nell’ordine delle centinaia di anni”.
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